Lanciato l’anno scorso su Kickstarter, nel corso del tempo The Banner Saga ha fatto parlare di sè in diverse occasioni. Non solo per aver incassato ben sette volte il budget necessario alla sua realizzazione, ma anche per essere recentemente finito nel mirino dei perfidi avvocati di King, la società a cui dobbiamo la piaga free-to-play Candy Crush Saga.

Da non confondere con la sua componente multiplayer – infelicemente battezzata The Banner Saga: Factions e rilasciata gratuitamente l’anno scorso, The Banner Saga è uno strategico single player a tema vichingo a grandi linee equiparabile ad un Final Fantasy Tactics. La prima differenza che salta all’occhio è quella di uno stile grafico maestoso, a metà fra il cartone de Lo Hobbit e Dragon’s Lair, lasergame che i più vecchi fra di voi ricorderanno con una certa nostalgia.

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La trama si riassume in poche parole: il sole si è spento, gli dei sono (apparentemente) morti, il mondo è immerso nell’inverno perenne e il Ragnarock – ovvero l’Apocalisse vichinga – sembra essere alle porte.

I nostri eroi (due gruppi che procedono parallelamente per poi riunirsi) si vedono costretti a scappare dalle armate di Dredge, golem senzienti che per una ragione spiegata abbastanza in là nella campagna hanno ben deciso di scegliere proprio il momento meno propizio per invadere le lande già tartassate dal freddo e dalla fame. Disponibile al momento solo per PC e Mac, The Banner Saga è il primo episodio di una trilogia, ed è stato realizzato da Stoic Studio, un piccolo team statunitense di appena tre elementi, tutti fuoriusciti Bioware.

Il gioco si suddivide in tre sezioni principali: una di combattimento, una simile ad un librogame e una dove vengono gestite scelte e risorse relative al Caravan, ovvero il clan che il giocatore deve spostare, proteggere e sfamare ogni santo giorno.

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La prima vede il giocatore muovere le sue “pedine” – umane o Varl, giganti cornuti – su una classica scacchiera da RPG tattico. Le meccaniche si rifanno ai classici del genere con alcune differenze sostanziali: è infatti possibile scegliere se attaccare l’armatura dei nemici o la loro caratteristica di forza/salute, rendendo rispettivamente più efficaci gli attacchi successivi o castrando sul nascere unità troppo forti. Inoltre, tutte le unità possono decidere di investire un certo numero di punti Volontà (Willpower) per utilizzare abilità speciali uniche, fare qualche passo in più durante il turno o calare l’arma con una dose di violenza extra. Variazioni semplici, ma che creano dinamiche profondamente diverse dal solito, imponendo una certa microgestione delle mosse, e rendendo le battaglie estremamente brutali.

Nessuna unità può morire in battaglia ma solo acciaccarsi in vista degli scontri successivi, costringendo il giocatore a perdere giorni preziosi in modalità “riposo”. Ci si trova quindi spesso a dover decidere se continuare la marcia verso la città più vicina trascinandosi dietro i feriti, o fermarsi nello stesso punto per qualche giorno con lo spettro di finire le razioni di cibo.

I personaggi del cast principale, tutti caratterizzati in maniera abbastanza dissimile da quanto visto negli esponenti giapponesi del genere, possono però morire nella parte “librogame”, ove in una sorta di fumetto interattivo il giocatore è chiamato a compiere scelte dalle conseguenze spesso drammatiche, andando a determinare combattimenti, esecuzioni e inimicizie. In questo senso il gioco fa tesoro di quanto visto in Game of Thrones e nei libri di Martin, rendendo difficile prevedere l’evolversi della situazione e lasciando l’ultima parola a devastanti colpi di scena.

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La terza parte del gioco è quella dedicata alla gestione delle risorse. I punti Fama (Renown) conquistati in battaglia possono essere barattati o con cibo atto a sfamare il clan, o con item da utilizzare in battaglia che potenziano il team di combattenti. Sebbene i protagonisti non possano morire di fame, il resto del clan può, comportando un generale calo di morale (che si riflette poi in battaglia) e rendendo il districarsi da determinate situazioni molto ostico. Arrivare alla fine del gioco con una carovana ridotta all’osso è estremamente semplice, ed il gioco non risparmia al giocatore un senso di impotenza per tutta la sua durata. The Banner Saga è un gioco dove, al massimo, si sopravvive per il rotto della cuffia e solo in seguito a pesanti sacrifici.

Con una durata di circa 13 ore, non molto per il genere, The Banner Saga riesco comunque ad imporsi come un must dell’RPG tattico, non solo introducendo sezioni non strettamente di combattimento, ma anche assicurandosi di dare un senso ad ogni battaglia, senza cadere nella trappola dei riempitivi o del grinding tanto per far numero.

Graziato peraltro da una bellissima colonna sonora “vichinga” ad opera di Austin Wintory, il compositore di Journey, The Banner Saga è la conferma che la qualità di un gioco, più che dal budget, dipende da visione, coraggio nelle scelte di game design e volontà di esplorare ambientazioni non trite e ritrite. Fatevi crescere la barba e sfoderate le armi, l’inverno è alle porte!



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Tommaso De Benetti

Guadagnatosi di recente il sarcastico soprannome di "Caro Leader", Tommaso vive e lavora ad Helsinki. Come è facile intuire, per circa 10 mesi all'anno vive sepolto nella neve, circondato da donne bellissime. Tutto il tempo che gli rimane lo passa ad abbaiare ordini e a prendersi cura di vari progetti, fra cui Players, RingCast e icolleghi.tumblr.com.

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4 Comments

  1. Gran gioco. Per fortuna l’ho giocato intensamente prima che arrivasse Heartstone, sul quale credo trascorrerò i prossimo 5,10 anni. L’unico difetto imho è il bilanciamento: gli “umani” sono molto meno performanti dei Varl (o, almeno, io non sono mai riuscito a renderli letali). Quanto a grafica e sonoro siamo nel Walhalla.

    1. Gli umani sono forti soprattutto con l’arco. Il personaggio speciale che si unlockava con il preorder era un umano con la lancia ed è stato quello con cui ho fatto più kill. Già buono di suo, con la giusta combo di equipaggiamento diventava una bestia.

      Il gioco è tra l’altro bilanciato benissimo, TRANNE per il combattimento finale che onestamente ho trovato discutibile.

  2. Devo recuperarlo…appena cala di prezzo.

    1. E’ or ora calato di prezzo.

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